Quando faccio coaching e non vedo per un po’ di tempo i miei clienti nelle sessioni di Coaching ReSonance sono contento.
Non sono impazzito.
Sono contento perchè vuol dire che il lavoro ha funzionato e le persone stanno mettendo in pratica, cambiando, applicando, ottenendo di più… insomma stanno vivendo meglio.
E si sono scordate del coaching. Fino alla prossima fase di transizione che magari avverrà tra sei mesi o un anno.
Molto spesso vedo i miei clienti due o tre volte, a volte una sola… e poi li rivedo dopo un anno e mezzo o due. Quando hanno implementato e digerito tutto il lavoro fatto insieme e lo hanno fatto germogliare… trasformandolo in risultati concreti.
E il racconto che mi fanno nella mail che scrivono o quando dopo parecchio tempo le rivedo è invariabilmente che quello che è successo nei giorni in cui ci siamo visti li ha messi nella condizione di mettere in discussione tutto quello che avevano realizzato fino ad allora, ed allo stesso tempo gli ha fatto generare risultati che fino ad allora non avevano mai ottenuto.
Il ReSonance è così, è un lavoro che funziona nel tempo ed ha bisogno di ‘maturare’… Come un seme che sembra fermo ma in cui in realtà c’è una attività intensissima.
E quello che succede invariabilmente per le persone che fanno questo tipo di lavoro – il ReSonance – è che imparano a sviluppare degli schemi di riconoscimento del loro comportamento e linguaggio… e di quello degli altri… che gli permettono di rispondere in modo adeguato agli stimoli che sono nel contesto in cui operano… e smettere di essere bloccati dall’ottenere quello che vogliono… E sviluppano invece schemi di comportamento efficaci.
Questo succede con un approccio che mantiene al minimo la teoria (che nei corsi di formazione ReSonance veri e propri invece viene spiegata in dettaglio) ed in maniera assolutamente conversazionale… in un breve percorso individuale di una o due giornate in cui le persone cambiano totalmente i loro schemi ed i risultati che in base a quelli schemi ottengono.
C’è una differenza enorme nel vedere un coach perchè non si va avanti in maniera apprezzabile, e vederlo di nuovo perchè sono successe tante di quelle cose che la condizione adesso è totalmente cambiata e c’è uno scenario nuovo davanti, e nuove domande a cui rispondere e nuove sfide.
Ecco con il ReSonance si verifica sempre questa seconda condizione.
Credo poco nel coaching in cui i clienti devono vedere il proprio coach di continuo sugli stessi aspetti. Credo poco nella ‘resistenza’ al cambiamento. Credo poco nelle persone che non riescono ad ottenere risultati misurabili dopo un lavoro ‘fatto bene’.
Cosa significa un lavoro ‘fatto bene’? Uno in cui è stato scelto il coaching come una scelta ottimale.. ed in cui la tecnologia di cambiamento usata funziona bene e fa il suo lavoro.
Ed il ReSonance funziona bene. E’ una tecnologia che quando viene fatta con persone per cui ha senso farlo – e non sono tutte – inizia a generare risultati subito e continua a generarne a lungo.
Fino alle nuove domande che verrà naturale farti davanti ad un nuovo orizzonte.
Alla prossima!
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